L’indomani. Come ogni giorno. Quarantacinque minuti, settanta chilometri, quattro semafori, tre svincoli di russate. Lascio il vecchio alla stazione. Vado a lavoro. Ma … stavolta … per la prima volta da quando anni fa mi assunsero … vado dritto dritto a lavoro. Gli amici del bar possono aspettare. Il grattaeperdi può aspettare. Il fumo può aspettare. Avrò tempo di giocare al grattaeperdi una volta che sarò licenziato. Avrò tempo di passare a casa di Nico a comprare il fumo una volta che sarò licenziato. Mi servirà …
Arrivo in ufficio che sono le 8 e 59. Un minuto d’anticipo. Per la prima volta da quando lavoro qui non devo ritoccare l’orologio. È la prima volta che arrivo in orario e neanche timbro il cartellino. Che lo timbro a fare?
Entro in ufficio e per la prima volta non penso ‘guardala in faccia guardala in faccia guardala in faccia’. Adesso non me ne frega assolutamente niente delle cosce della strafiga. Potrebbe essere anche nuda. Per altro non è da escludere che lo sia. Sul suo profilo Facebook ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare. Topless … perizomi … ammiccamenti … Ma non adesso … adesso non me ne frega proprio niente. Entro in ufficio e penso: “prima mi levo questo pensiero, prima finisce questa storia, meglio è”.
Solo che … il problema è che c’è un altro pensiero che ormai mi è entrato in testa: topless … perizomi … ammiccamenti …
Entro in ufficio e penso ‘guardala in faccia guardala in faccia guardala in faccia’.
Entro in ufficio. Tutti gli occhi su di me. Sguardi indagatori mi squadrano da capo a piedi. Stanno cercando di capire come ho potuto prendermi gioco di loro per tutto questo tempo. Stanno cercando di capire come ho potuto farla franca per tutto questo tempo. Sguardi indagatori mi squadrano da capo a piedi.
Da capo a piedi.
Tranne Marco che mi squadra semplicemente il pacco. Visibilmente interessato.
Non so come comportarmi. Sì. Non so come comportarmi con Marco.
Ma non so come comportarmi nemmeno con tutti gli altri.
L’unica per cui non sembra essere cambiato niente è la strafiga. Smessaggia e accavalla. Accavalla e smessaggia. Constato con sommo dispiacere che è vestita. La preferivo di gran lunga su Facebook … quella foto seminuda con in mano il calice col vino … oddio!
Tempo di (non) riprendermi dal destabilizzante ricordo della foto e vedo venirmi incontro Andrea. L’aria minacciosa. La stessa voce che tira fuori nei più epici scontri col supereroe. Sembra la scena in un western. D’istinto porto le mani ai fianchi. A cercare le pistole. Mi stupisco di non averle. Trovo solo due corpose maniglie dell’amore neppure minimamente scalfite da ore ed ore di nuoto e serie e serie di addominali. Torno a guardare Andrea. Viene verso di me. L’aria minacciosa. Non una parola. Viene verso di me. Non una parola. Viene verso di me. Non una parola. Passa oltre. Non una parola.
Va dritto all’armadio dei contratti. Forse ho capito. Vuole che firmi le mie dimissioni. Forse non mi umilierà dicendo tutto al capo. Forse non mi beccherò una denuncia.
Va dritto all’armadio dei contratti. Quello che non si può aprire. Lui lo apre.
Apre l’armadio e … non vedo nessun contratto. Play Station 3. Ma allora è uscita davvero!!! Io ero fermo alla 2!!! Schermo a 42 pollici. Io a casa guardo i film su Netbook. 42 pollici!!!
Beh, sì … ho lo stramaledetto difetto di fare digressioni anche quando ragiono … anche stavolta ci metto non meno di due minuti per afferrare il punto.
Il punto non è che è uscita la Play 3.
Il punto non è nemmeno che oggi fanno televisioni in cui vedi Pupo ad altezza naturale.
Il punto non è nemmeno che “Gelato al cioccolato” è una canzone di merda.
Il punto è: che cosa ci fa una Play al posto dei contratti?
… continua…