Piano piano arrivano anche gli altri.
La prima è Erica. Occhiali da sole che le coprono tre quarti del viso. A specchio. La montatura rosa. Di plastica. Comprati dal cinese. A tre euro. Di quelli che te li metti per mezzora così per scherzare e ti comprometti la vista finché campi. Lei li mette anche la sera. Non un raggio di sole di qui a otto ore. Lei con gli occhiali da sole.
La prima è Erica. Occhiali da sole e bretelle. Io non vedo in giro gente con le bretelle dalle elementari. Lei con le bretelle. Una su. Una giù. A testimonianza di un odio incondizionato per la simmetria. Che la ha portata a tagli di capelli a dir poco discutibili. E alla scelta delle scarpe di stasera. Sì, stavolta lo stesso paio di scarpe . Sì stavolta sia la destra che la sinistra. Solo che stavolta porta la scarpa sinistra al piede destro e la scarpa destra al piede sinistro. Ma la cosa che più stona nel vederla è ovviamente il colore. Da testa a piedi. Una cosa talmente fotonica che, se si mettesse il giubbotto catarifrangente, si darebbe un tocco di sobrietà.
Con lei, il ragazzo. Austriaco. Parla benissimo italiano e non capisce una parola di tedesco. Roba che ti chiedi: ma è austriaco o italiano? Austriaco. Di colore. Ebano. Roba che ti chiedi: ma è austriaco o keniota? Solo che i dubbi sulla sua effettiva austriacità passano in secondo piano di fronte al suo vestiario. Uno si aspetterebbe il ragazzo di Erica quantomeno con la cresta blu, il kilt, la bandana e otto dilatotori alle orecchie. E invece è un ragazzo normale vestito in maniera normale.
Dubbio espresso da Cristina che esclama stupita: “ma tu sei normale!”
“Tu no, mi sembra … ”, gli risponde lui, traumatizzandola a vita.
Dopo Erica ed il ragazzo arriva Marco. Giusto il tempo di entrare nel ristorante che fa qualche strilletto, fa ostentata mostra della sua nuova camica rosa sbrilluccicante e mi palpa. Così. Mi palpa. Come se fosse la cosa più normale del mondo. Una sorta di diritto umano fondamentale. Diritto all’assistenza medica di base, all’istruzione scolastica e a molestare sessualmente poveri cristiani come me. Una roba che tocca le coscienze (e, ahimè, non solo). Una roba da manifesto umanitario.
Dopo Erica, il ragazzo e Marco, arriva il supereroe. Sì. Il supereroe. Tra lo scetticismo generale. Si siede al nostro tavolo. Tra lo scetticismo generale. Scetticismo giustificato dal fatto che è una cena di lavoro e lui non lavora con noi. Ma il fatto è che il capo, vedendolo quasi tutte le volte che entra in ufficio battibeccare con Andrea, deve aver pensato di averlo assunto e di essersene poi dimenticato. Fatto sta che è seduto al nostro tavolo. A spese del capo. È arrivato da cinque minuti e ha già aggiustato la gamba di un tavolino che traballava, imbiancato una parete adducendo la discutibile motivazione che rossa non gli piaceva, spostato tutti i quadri riordinandoli alfabeticamente per titolo, pulito il bagno, corretto a penna il menù. Ha scritto “vegano” accanto a tutti i piatti vegani. Ha scritto “vegetariano” accanto a tutti i piatti vegetariani.
Si è fatto consegnare tutti i menù e li ha corretti.
Tutti.
… continua…