Mangiando il tiramisù di Alice (terza porzione), mi ritorna in mente il giorno del mio matrimonio.
A dir la verità non avevo mai pensato di sposarmi.
Lei invece l’aveva sempre saputo. Sognava il vestito bianco. Lo strascico. Da sempre.
Io … l’unico vestito bianco con cui l’avevo sempre sognata era il camice da infermiera sexy.
Non avevo mai pensato di sposarmi. Poi mi innamorai. E lo pensai. Glielo chiesi. A modo mio. Lei disse che ero pazzo. Lei disse di sì.
Rifinimmo al corso prematrimoniale. Da Don Carmine. Io, per altro sono da sempre allergico alle chiese, ai crocefissi, ai preti. E Don Carmine era prete talmente bigotto che scommetto le mutande che è di quelli che fa gli esorcismi. Per me è stata un’esperienza drammatica.
La mia posizione sulla fede era semplicemente non avere una posizione. Adesso so a memoria Antico e Nuovo Testamento e conosco in ogni più recondito aspetto la posizione della Chiesa su ogni più recondito argomento (anche quelli su cui la Chiesa non ha una posizione).
La mia posizione sulla fede era semplicemente non avere una posizione. Non mi ponevo il problema. Avevo cose più urgenti da sbrigare. La Play Station. La formazione del fantacalcio. I panini con la bresaola. Scegliere gli integratori anticadutadeicapelli. Le fialette anticadutadeicapelli. Lo shampoo anticadutadeicapelli. Cavolo come cadevano. Avevo ventisette anni e mi sentivo il nuovo Attilio Lombardo. Quello sì che era un problema urgente da sbrigare. Alla fede avrei pensato una volta novantenne. Mi sarei convertito sul letto di morte. E mi si sarebbero dischiuse le porte dal paradiso. Paradiso di cui avevo una visione quasi interamente riconducibile a quello della pubblicità Lavazza. Cosa che per altro non mi dispiaceva affatto, soprattutto da quando nel cast è comparsa anche Julia Roberts. Ne sono follemente innamorato dai tempi di Pretty Woman. La mia prima pugnetta! La prima volta non si scorda mai! Lei con quella parrucca bionda! Mamma mia! Scusate … torno subito … devo andare un attimo in bagno …
[Sì, sì … conosco benissimo la posizione ufficiale della Chiesa sulla questione … vi prego: non ditelo a Don Carmine!]
Era da un po’ che non pensavo a lei. No, non a Julia Roberts. A Benedetta! Immerso nella routine e nei ritmi incalzanti della mia nuova vita, era da un po’ che non pensavo a lei. Ma questa sera, per colpa di Franco, non riesco a pensare ad altro. Un po’ lui che racconta di me e lei. Un po’ io che parto per la tangente e penso a lei. A lei. A Benedetta.
Come adesso che Franco racconta della cerimonia. Io che non mi ero mai vestito più elegantemente di un paio di jeans ed una felpa della Fruit, in un completo supermegastraeleganterrimo con tanto di cravatta che, solo a pensare a quanto l’ho pagata, mi venivano e mi vengono la pelle d’oca e il senso di colpa.
Ovviamente non avevo la minima idea di come si facesse il nodo. E, ovviamente, come me, non un solo membro della mia famiglia ce la aveva. Mio padre si è infatti presentato al matrimonio con una cravatta finta. Di quelle col bottone. Mio fratello con una maglietta con la cravatta disegnata sopra. Sono tuttora imbarazzato a nome loro.
È dovuta venire Alfonsina, ex sarta, novantasette anni, l’artrosi, la cataratta, un bastone e tre mariti alle spalle. Ma soprattutto il Parkinson. Vi lascio immaginare il risultato. Dieci minuti di cazzotti nel mento. E un nodo, diciamo così, unico nel suo genere. Per altro la sola idea di indossare una cravatta mi infastidiva talmente tanto che non facevo che toccare quello stramaledetto nodo, ritoccare quello stramaledetto nodo, cercare di allentarlo, di riassettarlo, di stringerlo, di riallentarlo, di ristringerlo, col risultato che la metà dei parenti di Benedetta tutt’oggi crede che io sia affetto da tic nervosi e seri problemi psichici (dovuti evidentemente all’ambiente familiare in cui sono cresciuto, avranno concluso alla luce di come padre e fratello si son presentati alla cerimonia).
… continua…