Ultimo impegno ufficiale al centro per l’impiego: dopo i due seminari, il colloquio e l’inserimento nelle banche-dati.
La fine del percorso.
In attesa, seduti accanto a me, un signore ed una signora sulla mezz’età. Parlano di lavoro in acciaieria, dei pericoli, delle esalazioni che respirano là, dell’avvicendamento continuo degli operai che si licenziano dopo una settimana, delle prepotenze del datore di lavoro, dell’impotenza dei sindacati, della burocrazia, di come pagare l’affitto a fine mese.
Ho sempre preso con dispiacere, sì, ma alla leggera la mia situazione. In fondo potrei mantenermi senza lavorare, cioè potrei farmi mantenere dai miei genitori senza lavorare. Ora che ci penso: è quello che faccio.
La mia disoccupazione è in fondo un rifiuto di un posto che a me non piace, un non trovare un lavoro che fa per me. Un sognatore, seppur disilluso, che può permettersi il lusso di sognare. Un privilegiato che si lamenta. E il privilegiato non si rende conto di essere privilegiato finché non si trova di fronte al non privilegiato. Mi viene a mente una citazione di Benni:
Lei fa tutto “quasi”? Anch’io. Ma nel mio “quasi” c’è un’impossibilità, nel suo c’è una scelta, una noia, un’insufficienza.
Aspetto di entrare nell’ufficio di Clara, mentre i due sono in attesa per l’ufficio di Pietro, al momento occupatissimo (a mangiare biscotti con la nipote).
Aspetto e penso. Aspetto e penso. Aspetto e penso e un po’ mi vergogno.
Nel mezzo di riflessioni di stampo egualitario, sindacale, catto-comunista si apre la porta ed esce Clara a chiamarmi per il colloquio. Varco la soglia e già mi sono dimenticato di tutto. Il privilegiato non si rende conto di essere privilegiato finché non si trova davanti il non privilegiato e torna a non rendersene conto non appena non si trova più davanti al non privilegiato (e aggiungerei: e si trova invece davanti ad un bel pezzo di figliola).
Clara mi spiega che capisce le difficoltà del trovare lavoro nel mio campo, ma mi invita a non demordere e mi inserisce nella banca-dati per gli impieghi legati alle attività culturali, spiegandomi che, in caso di richiesta da parte dell’azienda, verrò contattato direttamente da quest’ultima. Dal tono di voce di Clara capisco che tale eventualità è abbastanza remota: né più né meno della possibilità di un discorso sensato da parte del “Trota”.
Ad ogni modo, per oggi, sono soddisfatto: ho finito il percorso, anche se son sicuro che sia stato un percorso a vuoto, uno sgranchirsi le gambe, più che un viaggio verso una metà, ma, in fondo, il trekking fa bene.
… continua…