Riesce, ma solamente scortato da guardie del corpo, ad andare al funerale di suo figlio.
Suo figlio.
Gli urlano di tutto.
Orco.
Assassino.
Ti ammazziamo.
Speriamo che non ti mettano in carcere. Almeno ti ammazziamo.
Non azzardati a toccare mio figlio.
Lì Marco perde la testa.
Sul “non azzardarti a toccare mio figlio”.
Marco vuole soltanto rendere l’ultimo saluto a suo figlio.
Suo figlio.
Morto.
Ammazzato.
Marco vuole soltanto rendere l’ultimo saluto a suo figlio.
E queste belve che gli sputano. Vogliono picchiarlo. Ucciderlo. Fargliela pagare. Fargliela pagare e farsi vedere in televisione che gliela fanno pagare. O anche solo farsi vedere che dicono che gliela faranno pagare. O anche solo farsi vedere che dicono di non azzardarsi a toccare i loro figli.
“Non azzardarti a toccare mio figlio”.
Lì perde la testa.
Si volta di scatto.
Le guardie del corpo, prima impegnate a proteggere Marco, ora impegnate a fermare Marco che si scaglia contro il premuroso padre di famiglia.
Marco che gli urla: “io lo ammazzo tuo figlio! Lo ammazzo!”.
Le telecamere, i flash che non gli danno scampo. Che lo immortalano.
Quello scatto d’ira.
Quelle parole barbare.
Per i successivi giorni non si parla d’altro. In tutto il paese. In tutto il Paese.
Ogni tg apre con quella faccia assatanata.
Con quelle parole demoniache.
Per molti una confessione.
L’avrebbe fatto di nuovo.
Il mostro di Colleverdi.
Ormai è il mostro di Collevedi.
Non è più Marco Turini.
È il mostro di Colleverdi.
… continua…