Senti parlare gli uomini nei bar e sembra che tutto sia sesso. Che il sesso sia tutto. Sesso di qui. Sesso di là. Sesso di su. Sesso di giù. Sesso a destra. Sesso a sinistra. Con una. Con due. Con tre. Sesso orale. Sesso anale. Culi. Puppe. Cazzi. Passere. Sesso. Sesso. Sempre e solo sesso.
Anche Claudio, quando usciva con gli amici, si prestava al teatrino. Sesso. Sesso. Sempre e solo sesso.
In realtà Claudio non la pensa così. Non la pensava così. Non l’ha mai pensata così.
Da quando Sofia se ne è andata, non è il sesso che gli manca.
Quello che gli manca è l’abbraccio di Sofia, la carezza di Sofia, la voce di Sofia, la presenza di Sofia.
Non che si amassero. Non si erano mai veramente amati.
Non che si volessero particolarmente bene. Non più almeno. Non gli ultimi anni.
Ma quell’essere il fidanzato di. Quell’essere con. Quel calore condiviso. Quel contatto.
Da quando se ne è andata, nessuno lo ha più abbracciato.
Nessuno gli ha più detto ti voglio bene.
Nessuno gli ha più fatto il solletico.
Puoi venire anche da solo. Puoi farlo anche meglio che in due. Ma prova a farti il solletico.
Non puoi.
Non c’è nessuno più solo di chi non si ricorda l’ultima volta che gli hanno fatto il solletico.
Claudio pensa ad una cosa vista in tv. Al telegiornale. Persone alla stazione con dei cartelli “abbraccio gratuito”. Per un attimo si pensa alla stazione. Ad abbracciare una di queste persone. Vorrebbe davvero essere lì. E si sente meglio. Per un attimo. Poi realizza che sta bramando di essere abbracciato da uno sconosciuto con un cartello “abbraccio gratuito” e si sente peggio di prima.
Elemosinare abbracci.
Peggio che andare a puttane.
Alla mente di Claudio affiora un ricordo: la sua prima volta con Sofia. Non era andata benissimo. Per niente. Era durata il tempo di iniziare. Poi, ancora dentro di lei, se ne era uscito con uno scusa-è-che-è-un-po’-che-non-lo-faccio-devo-riprenderci-la-mano. Erano entrambi scoppiati a ridere. Entrambi. Di una risata bellissima. Condivisa. Si erano coccolati per un tempo lunghissimo. Il sorriso sulle labbra. Il cuore gonfio.
Il sesso non era tutto.
Almeno, non per lui.
La moglie ancora alle prese con le faccende di casa.
Lungi da lui l’aiutarla.
Arriva alle sue spalle. E l’abbraccia.
Rimangono un paio di minuti così. Lei che continua ad asciugare le stoviglie. Il sorriso sulle labbra. Lui che guarda le mani di lei. Lui che le dà un bacio sulla guancia.
– Vado a mettere a letto Rambo e Socio.
La moglie ride.
Nicola va verso la cameretta dei piccoli.
Apre la porta e li trova già a letto.
Decisamente sospetto.
Il Socio si è addormentato. Rambo, da vero duro, no.
Sarà il suo turno di sentinella?
Nicola si siede sul bordo del letto. E dà un bacio sulla fronte a Rambo.
– Babbo, so’ grande per ‘ste cose! – recalcitra Rambo di fronte a cotante femminee smancerie.
– Sì, sei un ‘omo ormai!
– Un ‘ovo?
– Un uomo!
– Ah …
– Quanti anni hai? Fallo vedere a babbo!
Si alza una manina. Sulla manina quattro dita.
Sul volto un’espressione. Un misto di fierezza del suo essere grande e scetticismo per un padre che non sa quanti anni abbia suo figlio e, per giunta, continua a chiederlo ogni dieci giorni.
– Quattro anni! Eh, sì! Sei proprio un ometto!
E abbraccia il figlio!
– BABBO!!! – lo redarguisce Rambo. Allergico ad ogni forma di dimostrazione di affetto.
Ride il babbo. Ride. Guardando il suo ometto.
Il suo ometto. Quattro anni e quattro episodi di Rambo sulle spalle.
Il babbo fa per alzarsi.
– Babbo, posso avere il pugnale?
– Per ora è meglio di no, Rambo! Notte!
Nicola torna dalla moglie. Ovviamente senza la minima intenzione di aiutarla nelle faccende domestiche.
Appena chiusa la porta, Rambo scende dal letto e sveglia il Socio. Il fratellino di tre anni. Prende il temperino da sotto il cuscino e dà il via alla sua dimostrazione di lancio del temperino contro il bersaglio per freccette. Centro perfetto.
… continua…