Entriamo in casa. Uno dopo l’altro. Gianni è in salotto con il prete, accanto alla bara.
La bara aperta, il padre all’interno, un velo sopra il volto.
Gianni, gli occhi in lacrime, gli accarezza una guancia e rimane così, gli occhi aperti a fissare gli occhi chiusi di lui. Il viso paonazzo di Gianni in faccia al viso pallido di lui. Le lacrime di Gianni che cadono sulla bocca del padre, quasi a dissetarlo, a ridargli la vita: un annaffiatoio su una pianta ormai secca.
Noi, che avevamo riso fino a poco prima, ora siamo nel più totale silenzio, immobili, attoniti, gli occhi bassi, colpiti da quel dolore dell’amico sempre sorridente ora in lacrime, dell’amico spaccone ora spaccato, dell’amico tutto d’un pezzo ora spezzato, piegato sul padre.
Gianni si accorge delle lacrime cadute, tira una manica della camicia e, con fare certosino, asciuga il volto del padre, come un pittore che sfuma i colori sulla tela, e si unisce in preghiera, lui ateo, si unisce in preghiera, lui che preghiere non ne sa, si unisce in preghiera al prete, ripetendo le sue parole… Padre Nostro Padre Nostro che sei nei cieli che sei cieli sia santificato il Tuo nome sia santificato il Tuo nome…
Noi, nel più totale silenzio, immobili, attoniti, gli occhi bassi, ascoltiamo il nostro amico che arranca sul Padre Nostro, arranca nel testo e arranca nella voce, che a volte inciampa, cede, si ferma, riparte, impostata. Quell’amico allergico alle messe, alle preghiere, alle liturgie, che ora con gli occhi bagnati prega con il prete.
Finita la preghiera, Gianni alza la testa, cercando il nostro sguardo ed il nostro sorriso timoroso. Ci abbraccia uno ad uno. Ci accompagna in cucina, gli occhi lucidi, la voce fioca, ma il tono scherzoso.
– Ragazzi, mangiate! Vi voglio vedere belli satolli! Soprattutto te, Carlo, che ti vedo un po’ deperito!
Tutti gli occhi su Carlo: centodieci chili, la pancia che fa capolino, anzi qualcosa di più, un carpiato, dalla cintura dei pantaloni.
– No, grazie, abbiamo già mangiato. Tu, piuttosto, non sarai mica a digiuno!?
– Non fate complimenti… fate come se foste a casa… mia – ride.
– Gianni, vieni qui – Carlo lo abbraccia nel silenzio. Non si muove una mosca. Gianni chiude gli occhi e per un attimo si lascia andare. Carlo rompe il silenzio – Comunque, se proprio insisti, una fettina la prenderei…
– Vedete di mangiare qualcosa anche voi. Io vado un attimo in salotto. Se aspettate cinque minuti in camera mia, vi raggiungo lì.
… continua…