Arriviamo alla discoteca che sono mezzanotte e quaranta.
Fila assurda.
All’una e trenta siamo dentro.
Breve corridoio. O meglio, passaggio davanti ai cessi con relative folle oceaniche in processione al dio water. Robe che neanche agli Uffizi.
Ci siamo! L’entrata in scena!
Entrata in scena. Petto in fuori. Tutti tranne uno, io, nato gobbo e ridicolo in ogni altra postura.
Entrata in scena. Passo deciso. Tutti tranne uno, io, che di deciso ho solo l’idea di non passare il prossimo capodanno in discoteca, discopub, pub con musica, bar con musica, casa con musica, macchina con musica. Previsto prossimo capodanno in casa. Insonorizzata.
Entrata in scena. Sguardo di chi la sa lunga. Tutti tranne uno, io, che sono a disagio anche quando entro dal panettiere; di lì l’espediente di prepararmi il discorso a casa: buongiorno-un-filo-da-mezzo-chilo-grazie.
Entrata in scena. Petto in fuori, passo deciso, sguardo di chi la sa lunga. Vedo quasi l’immagine da fuori. Al rallenti. Robe da film. Cinque eroi. Anzi, quattro eroi ed un disadattato. Che gli abbiano salvato la vita?
Hollywood ci attende!
Forse Hollywood. Di sicuro non la discoteca: entrata in scena calorosamente accolta con un sano, quanto prevedibile, menefreghismo.
Anzi no.
Uno sguardo.
Fisso.
Deciso.
Cacciatore.
Una tardona.
Ecco.