Telefonata alla mamma.
– Devo lavare l’intimo scuro; a che temperatura imposto la lavatrice?
La domanda: chiara, semplice, diretta.
Tempo di risposta necessario: quarantacinque secondi (saluti e come-stai inclusi).
Tempo di risposta effettivo: quarantacinque minuti (saluti e come-stai esclusi).
La risposta elenca tutte le possibili varianti di capi, temperature, colori, dal gonnellino scozzese al basco, dagli 0 gradi ai 100, dal fucsia al verde fosforescente, ogni possibile tipo di detersivo, dal detersivo per capi delicati al sapone per le mani dell’autogrill.
Chiudo la chiamata e mi chiedo: “a che cazzo di temperatura ha detto di fare l’intimo scuro?”
L’unica cosa che credo di aver capito è che la lavatrice è una sporca razzista: i bianchi coi bianchi, i neri coi neri, i colorati a parte, la lana a parte, il cotone a parte. Uno dovrebbe fare diciotto lavatrici, quattordici ricariche del cellulare, una quinquennale in chimica.
Siamo alla resa dei conti. Davanti alla lavatrice. Con coraggio ed un pizzico di incoscienza carico il cestello. Metto il gettone. Seleziono la temperatura: 30 gradi. Mi appoggio sulle ginocchia. Fausto mi emula. Fissiamo l’oblò.
– Com’è che non fa per niente schiuma? – chiede Fausto.
– L’hai messo il sapone?
– Oops. Scusami, mi son svegliato troppo presto stamani. Saranno state le undici. L’alba. Non sono abituato. E ora che facciamo? Si potrà aprire lo sportellino, mentre la lavatrice è in funzione?
– Non lo so. Prova.
Prova.
Non succedono catastrofi. La lavatrice prosegue indifferente, come una prof. di matematica di fronte ad una richiesta di spiegare più lentamente.
Tre vasche.
Una sarà per il sapone, una per l’ammorbidente, la terza?
Ci ragiono.
Guardo Fausto, probabilmente preso dallo stesso dilemma, che, a sua volta, guarda con scetticismo il numero dei flaconi che ha in mano e che si ostinano ad essere due e a non moltiplicarsi come Dio comanda.
Concludo che la terza vasca è un po’ come quando da piccolo chiedevo ogni tre secondi a mio padre “a che serve questo coso?” e mio padre, con fare educativamente discutibile, mi comunicava che “serve a metterlo in culo ai curiosi”.
Ho smesso molto presto di chiedere a cosa servono le cose.
La terza vasca a che serve?
A niente, concludo.
Dove andrà il sapone?
Mi sento come un passante fermato da un artista di strada che gli chiede sotto a quale dei tre bicchieri sta la pallina.
Fingo scientificamente di sapere quale è e dico al disorientato Fausto di mettere il sapone nella vasca più grossa, l’ammorbidente in quella centrale.
– E la terza? A cosa serve?
– A niente.
Trovata convincente ed esauriente la mia risposta, Fausto riempie le vasche e chiude lo sportellino.
… continua…
io sono convinta ancora oggi che sia così che funziona la lavatrice… quindi per favore non smontarmi, nella prossima puntata, le mie secolari convinzioni! 🙂
ti sembro in grado di smontare le tue secolari convinzioni? 🙂
*che funzioni 🙂
non ti preoccupare… il congiuntivo in questo blog è un optional da tempo immemore 🙂
Grande Simone, sto ancora ridendo a distanza di mezz’ora veramente un racconto eccezionale. Lo devo fare conoscere a tutti!
grazie 1000 Pasquale! mi fa molto piacere!
e grazie per la diffusione… adesso posso togliere le campagne adwords senza timore di cali! 🙂
Me lo son chiesta pure io….e giungo alla stessa conclusione sempre..nn serve a niente….bellina la risposta del padre però, credo che la utilizzerò.
… penso che Giacobbo ci farà su una trasmissione di Voyager…
… la risposta del padre… bellina e, direi, profondamente educativa! 😉