Era la mia prima volta.
La prima volta si è nervosi.
Ti prende un nodo alla gola.
Non ci si può far niente. Niente.
La prima volta si è nervosi.
Te la immagini una, dieci, cento, mille volte. Dentro di te.
La vivi una, dieci, cento, mille volte. Dentro di te. Prima di viverla davvero.
Era la mia prima volta.
Io sopra. Lui sotto.
Lui era bello. Elegante. Prestante.
Io ne ero innamorata.
E avevo avuto la benedizione di mio padre.
Non dovevo farlo di nascosto.
Mio padre mi aveva detto che era quello giusto.
Era solo in apprensione perché era la mia prima volta. Ma è normale. Mi aveva fatto promettere che avrei usato le precauzioni. E così feci. Comprai un casco integrale e due ginocchiere da nascondere sotto i jeans.
Ero nervosa. Quella era la mia prima volta.
Era la mia prima volta in motorino a scuola.
Arrivai nel piazzale. Mi sentivo tutti gli occhi puntati addosso. Una diva.
Io sopra. Lui sotto. Una pornodiva?
Impiegai dieci minuti a cercare di metterlo sul cavalletto. Cercando di essere naturale, sciolta, disinvolta.
Gli altri videro una ragazza naturale, sciolta, disinvolta che per dieci minuti, Sisifo dei giorni nostri, provava senza successo a mettere il motorino sul cavalletto.
Stava quasi per suonare la campanella. Con uno sforzo più che epico riuscii a issare il mio lui sul cavalletto. Zeus aveva perdonato Sisifo. Ero riuscita a portare la roccia in cima alla montagna. Non sarebbe più caduta a valle.
Fu lì che mi voltai verso le folle festanti. Mi stupii nel constatare che non erano festanti. Mi stupii anche nel constatare che non c’erano folle. Non si era creato attorno a me nessun capannello di paparazzi, nessuno stuolo di groupies con striscioni, megafoni, cori e seguito di cheerleader. Ne fui terribilmente delusa. Sconcertata. Direi shockata.
Non si avvicinava nessuno. Quale affronto!?! No. Non era così che me lo ero immaginato.
La cosa più simile ad un capannello di paparazzi era Marco della 3ª b, che, fingendo di scrivere messaggi, scattava foto alle minigonnate scosciate poco propense ad accavallare le gambe, per farne poi cosa preferisco non saperlo.
La cosa più simile ad uno stuolo di groupies con striscioni, megafoni, cori e seguito di cheerleader era un assembramento di non più di dieci persone all’entrata della scuola che, indicando lo striscione “OKKUPIAMO! PER IL DIRITO ALLO STUDIO!” (‘dirito’ con una t sola), utilizzavano il megafono per diffondere il verbo marxista leninista antigelminista silviofobico. Solo che il megafono, più che amplificare, fischiava, quindi si riuscivano a percepire solo due, massimo tre, parole al minuto ………………………………………………………………. cazzo! ……………………………………… merda! ……………………………………….. non ………………………………………. fanculo al governo! (non si può dire che, nonostante i problemi tecnici il messaggio non passasse). Il tutto accompagnato da un simpatico quanto coreografico coro di sottofondo “Berlusconi pezzo di merda!” a tempo di battimani.
… continua…