Ormai sono dieci anni che stiamo insieme.
Anche perché non ho i soldi per comprarmi una macchina. Nemmeno usata.
Per la cronaca: nemmeno un altro motorino.
Per la cronaca: nemmeno una marmitta.
Infatti non l’ho mai cambiata nonostante il malsano, quanto maleodorante, quanto tossico, quanto inquinante fumo nero che ne usciva, ne esce e ne uscirà.
Una cosa imbarazzante.
Soprattutto ai passaggi a livello. Ai semafori. Nel traffico. Peggio di una puzzetta in ascensore, di un’erezione in piscina, dei calzini bucati in moschea. Senza considerare che il mio lui non reggeva, non regge e non reggerà il minimo. Ed ero, sono e sarò costretta a sgassare per non farlo spegnere.
È da quando anni e anni fa apparve per la prima volta il fumo nero che Franck ebbe il suo primo soprannome: Spingfield. Diventammo così la coppia più anomala del pianeta: io studentessa (poco studiosa e poco frequentante) di ingegneria ambientale e lui la prima fonte di inquinamento al mondo. Andare in panetteria e tornare a bordo di Franck aveva, ha e avrà gli stessi effetti sull’ecosistema dell’affondamento di otto petroliere all’altezza della barriera corallina.
Finché Franck Springfield era, è e sarà tra noi, tutti gli sforzi degli ambientalisti erano, sono e saranno totalmente inutili. Potete fare cosa volete: pannelli solari, pale eoliche, biciclette elettriche, lampade a risparmio energetico, depuratori, raccolte differenziate. Potete fare quello che volete. Sarà tutto assolutamente inequivocabilmente indiscutibilmente ineluttabilmente inutile.
Ormai sono dieci anni che stiamo insieme.
Anche perché non ho i soldi per comprarmi una macchina. Nemmeno usata. Quindi pioggia, nebbia, grandine, tifoni, ghiaccio, tempeste di sabbia, piogge acide, eclissi, lune piene, licantropi mi trovate in motorino. Con il mio casco integrale senza visiera. Sì. Integrale sì, ma senza visiera. Mi si ruppe circa sei anni fa. In casa. Mi scivolò il casco. Era sul letto. Saranno stati quaranta centimetri dal pavimento. Visiera disintegrata. Il che mi ha anche portato a pormi seri dubbi sulla effettiva sicurezza del casco stesso. Ma non ho mai pensato di comprarne uno nuovo. Un po’ per il problema di cui sopra: non me lo potevo permettere. Un po’ perché quello ormai era il mio casco. Non mi vedevo con nessun altro. In un certo senso non riuscivo a togliermelo dalla testa.
Le scene più epiche: l’inverno, sotto la pioggia. Il casco senza visiera. Superi i trenta all’ora e la pioggia ti punge come spilli. E a me l’agopuntura ha sempre fatto effetto. L’inverno, sotto la pioggia, il casco senza visiera e gli occhiali. Sì. Perché senza non vedo nulla. Beh, nemmeno con, quando piove, ma almeno ho gli occhi parati.
Altro aspetto interessante della pioggia con Franck è che la sella è più aperta delle difese di Zeman di fronte a un contropiede e, appena vengono giù due schizzi (siano essi pioggia o sputi di anziani), la gommapiuma si inzuppa neanche sia venuto giù il finimondo ed io vado in giro per giorni con il culo bagnato.
In casa, per vedere se piove, non si affacciano dalla finestra: mi chiamano e mi chiedono di voltarmi.
E poi il pulsante dell’accensione. Come il pisello per i novantenni. Inutile orpello messo lì a ricordo dei bei tempi andati.
Non ho ricordo di averlo mai usato.
Ho memoria solo di accensione con pedalina.
Niente preliminari.
Subito al sodo.
E poi gli specchietti. Quello di destra andato perso nel mio rodeo al circolo Arci, quello sinistra rubato. Sparito dopo una discutibile, quanto movimentata, notte in pineta. In cui non ho perso soltanto lo specchietto. E stavolta scommetto che mio padre non avrebbe dato la sua benedizione. Avrebbe anzi tirato fuori il fucile.
Per guardare indietro uso uno specchietto da trucco che porto sempre in tasca. Approfittandone per ritoccare l’ombretto. Il fatto è che non mi piace svegliarmi presto, ma mi piace essere sempre truccata. Quindi ho pensato: perché non truccarmi in motorino? E poi non sono una di quelle piene di rimpianti. Se avessi fatto … se avessi detto … No. non guardo molto indietro. E forse è anche per questo che mi tamponarono non più di due anni fa. Io finii al pronto soccorso. Franck ne uscì incolume (anche perché non erano rimaste cose da rompere).
E poi la freccia sinistra che ogni tanto parte. Sua sponte. Così. Sul rettilineo. Parte. Il cuore del mio motorino. Lo vedo pulsare. È un cuore matto. Batte quando decide lui. In fondo è normale. È un muscolo involontario.
Fantastico quando metto la freccia a destra, parte la freccia anche a sinistra ed il mio diventa l’unico motorino con le quattro frecce sul pianeta.
… continua…