È così che ho una tariffa assassina.
La stessa da quattordici anni.
La stessa da quando mia mamma mi regalò il mio primo cellulare.
Era un Alcatel.
Più simile a una cabina telefonica che a un telefono mobile. Non entrava nemmeno nel marsupio. Dovevo andare in giro con lo zaino. Pesava quanto un cristiano. Era affidabile come le alleanze del centrosinistra: su due sms inviati, ne recapitava, nel più ottimistico dei casi, uno. Nel più ottimistico dei casi.
Lo prese mia mamma. Usato. Da una sua amica che aveva ormai tre cellulari e non lo usava più da anni. La amica di mia mamma lo aveva comprato nuovo per 200.000 lire. Mia mamma lo pagò, usato di quattro anni, con antenna divelta e caricabatterie difettoso, 300.000 lire. Mia mamma non era nata per trattare. Mia mamma doveva aver pensato che ‘i cellulari son come il vino: più invecchiano più aumentano di valore’.
Conoscete il modo di dire “venderebbe del ghiaccio agli eschimesi”?
Mia mamma è una eschimese.
Nata per prendere fregature.
Totalmente incapace di trattare.
Giusto un esempio per capirci. Avevo diciotto anni. Una notte non rientrai a casa e neanche avvertii. Il giorno dopo mia mamma mi affrontò per mettermi in punizione. Minacciò di togliermi la paghetta e di non mandarmi in vacanza. Io avevo lavorato tutta l’estate per mettere da parte i soldi per andare ad Amsterdam. Minacciò di togliermi la paghetta e di non mandarmi in vacanza. Dopo cinque minuti mi aveva raddoppiato la paghetta e dopo dieci promise di pagarmi il viaggio della settimana successiva ad Amsterdam, viaggio e prostitute.
Ehm … ho lo stramaledetto difetto di non mettere mai il bloccatasti, quello di essere un teorico del complotto delle offerte telefoniche, ma soprattutto quello di infilarmi in una digressione inutile dietro l’altra: inizio a parlare del fatto che tutto è cominciato perché mi è partita una chiamata e mi ritrovo, senza accorgermene, a parlare delle prostitute di Amsterdam.
Devo ammettere che non è che sia una cosa strana per me. Un po’ tutti i miei discorsi finiscono con una disquisizione sulle prostitute di Amsterdam. C’è chi parla sempre e solo di politica. C’è chi parla sempre e solo di calcio. Io parlo sempre e solo di prostitute di Amsterdam. Ma anche questa è una digressione. Veniamo al punto!
Lasciando solo per un attimo da parte le prostitute di Amsterdam, il punto è che tutto è cominciato perché mi è partita una chiamata. Il fatto è che io metto il cellulare per trenta secondi in tasca, nella borsa, sotto il cuscino e lui chiama. È anche fantasioso, estroso, stronzo: non fa che mettere zizzania.
Chiama il 113, quando parlo di fumo.
Chiama il prete quando smoccolo.
Chiama Elisa, quando parlo di Benedetta; chiama Benedetta, quando parlo di Elisa (beh, sì, a me piacciono sia Benedetta che Elisa: trovo che la monogamia sia una delle restrizioni più dure imposte dalla cultura cristiana; infatti, oltre a Elisa e Benedetta, mi piacciono anche Carlotta, Eva, Giulia, Lara, Carmen, Martina, Laura, Concetta, Valeria e la strafiga … ed ovviamente ci provo con tutte … in contemporanea).
Chiama mia mamma ogni volta che parlo di prostitute di Amsterdam (quindi chiama mia mamma almeno venti volte al giorno).
Chiama Elisa e Benedetta, quando vado in bagno (una volta Elisa mi scrisse un sms “prova Activia”; un’altra Benedetta mi diede del pippettaro; sono ancora indeciso su quale delle due cose sia più imbarazzante: che si sia scoperto che sono stitico o che si sia scoperto che sono perverso).
I miei amici rispondono alle mie chiamate senza nemmeno dire “pronto”. Direttamente si mettono ad ascoltare cosa succede nella mia vita. Vivo in un Grande Fratello perpetuo. Salvo che non ci sono zoccole e non corro il rischio di essere invitato da Barbara D’Urso a parlare dei cavoli miei in italiavisione. Ma anche questa è una digressione. Veniamo al punto una volta per tutte!
… continua…